L’utilizzo del sintomo in terapia
familiare.
Quando
la famiglia arriva per la prima volta in
terapia porta all’attenzione del terapista uno dei suoi membri (solitamente
un bambino o un adolescente)
segnalandolo come problematico. In terapia familiare si utilizza il termine sistema per indicare l’intera famiglia,
ovvero un’entità che è più della semplice somma matematica di tutti i suoi
membri (madre padre e figli).
La
prima immagine è quindi quella di un sistema/famiglia che si presenta diviso in
due parti, con un confine netto tra la
parte sana e la parte “malata” (il membro da curare, ovvero il paziente
designato).
“Tutto
andrebbe bene se non fosse per…..”
Il
paziente, allora, non è solo colui che subisce ed esibisce un sintomo, ma,
paradossalmente, diventa esso stesso identificabile con quel sintomo. Si parla
quindi di figlia anoressica, bambino che non parla, adolescente ribelle….Questa
configurazione ha la funzione di mantenere in equilibrio, seppur in maniera
disfunzionale, l’intero sistema che per una serie di motivazioni sia interne
che esterne al sistema stesso, è vissuto dai membri come potenzialmente in
pericolo.
Il
motto sarà “l’unità familiare prima di
tutto” E così il mantenimento dello status quo del sistema viene assicurato
dalla catalizzazione di tutte le ansie e lo stress di tutti i membri della
famiglia verso un unico polo, ovvero verso colui che esibisce il sintomo. Il
membro che è stato delegato dalla famiglia a svolgere questa funzione
omeostatica rispetto alla famiglia stessa, avrà il “compito” di riportare il sistema allo stato “originario” ogni
volta che nuovi pericoli ne minaccino la stabilità.
Secondo
questa accezione all’inizio di ogni terapia il sintomo può essere considerato
come la chiave di accesso al sistema familiare, ed è in genere, la motivazione
stessa alla richiesta di terapia. In tal senso se si considera metaforicamente il sintomo come porta di accesso al sistema
possiamo notare come la sua connotazione stessa si modifichi prendendo una
valenza positiva, di strumento, di aiuto del terapeuta stesso. Se non fosse
stato per quel campanello d’allarme
caratterizzato ad esempio da un figlio che va male a scuola, da un bambino che
fa pipì a letto, da una ragazza che ha smesso di mangiare etc etc.. la famiglia
non sarebbe forse mai arrivata all’attenzione di esperti.
Di
fronte a una famiglia la prima domanda da porsi può quindi essere:
“Come mai questo paziente ha questa
malattia ora?”
(Kerr, Bowen, 1990)
” Chi manifesta il sintomo?
E’ in
particolare “attraverso” i bambini che si esplica il miglior modo per arrivare
agli adulti in maniera indiretta e più accettabile. I bambini sono i depositari
dei miti familiari, delle modalità di comunicazione, dei non detti…Secondo Maurizio Andolfi (Terapista familiare)
i bambini anche nelle situazioni più difficili portano nella terapia una
visione di speranza e di cambiamento, sono la parte più malleabile e flessibile
del sistema, proprio per questo rappresentano spesso una porta di accesso al
sistema stesso. “Whitaker diceva che
quando un bambino parla bisogna avere sempre un registratore acceso perchè già
dopo 5 minuti non ci si ricorda più delle parole”. (Andolfi, 2007)
Perché ora?
Il
momento storico in cui si rende manifesto il sintomo del sistema ha a che
vedere con il concetto di ciclo vitale delle famiglia. Questo è suddiviso in
fasi che vanno dall’infanzia all’età adulta includendo le tappe principali
dell’esistenza come il matrimonio, la nascita del primo figlio, l’emancipazione
dei figli dai genitori per arrivare alle sofferenze della vecchiaia stessa.
Ogni passaggio da una fase a quella successiva necessita di un riadattamento
del sistema familiare attraverso l’uso delle risorse a disposizione.
All’interno di questa concezione i sintomi vengono considerati come una
deviazione o un’interruzione del normale ciclo vitale divenendo il segnale che
una famiglia ha difficoltà a superare un particolare stadio di sviluppo. L’emergere stabile di sintomi o di un
generico disagio in una qualsiasi delle fasi segnala l’impossibilità per il
sistema di trasformarsi e raggiungere l’adattamento necessario per la fase
successiva.
In questo senso la famiglia è considerata un sistema dinamico in continua evoluzione.
In questo senso la famiglia è considerata un sistema dinamico in continua evoluzione.
(Haley, 1976)
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